Malattie professionali, i casi a Brescia sono aumentati del 29%

Ammalarsi di lavoro, fino a morirne. Accade, con una frequenza maggiore di anno in anno. Confrontando i dati complessivi del 2023, seppur provvisori, diffusi in questi giorni dall’Inail, con quelli dell’anno precedente, risalta l’aumento delle denunce per malattia professionale, con una crescita del 18% nella sola Lombardia. Tra le province lombarde in cui si sono rilevate più denunce in assoluto, Brescia si colloca al secondo posto con 825 casi, preceduta da Bergamo con 1.004. Se si osserva la variazione anno su anno, l’incremento nella nostra provincia nel 2023 è stato del 29% rispetto al 2022.

Ai primi posti

Il primato delle malattie professionali denunciate viene detenuto ancora da quelle che interessano il sistema osteomuscolare e il tessuto connettivo, ma sono in crescita anche i tumori e le malattie del sistema nervoso.

Malattie che, sempre in riferimento alla provincia di Brescia, si sommano al numero di persone che hanno perso la vita sul luogo di lavoro: con trenta morti la nostra si conferma per incidenza la provincia peggiore della Lombardia.

«Questi dati ci impongono una riflessione approfondita - commenta Fabio Raggi, direttore del Patronato Acli bresciane -. Le denunce di infortunio totali (mortali e non mortali) in Italia sono diminuite del 16.1% rispetto a fine dicembre 2022. Ma stiamo ancora però facendo i conti con un 2022 in cui i dati degli infortuni erano riconducibili in parte anche all’infezione da Coronavirus contratta sul posto di lavoro. Potranno di conseguenza essere più eloquenti i confronti di questo 2024 sul 2023. Riguardo invece alle malattie professionali le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, del sistema nervoso e dell’orecchio rimangono le prime tre malattie professionali denunciate, anche nel 2023, come confermano anche le segnalazioni provenienti dai nostri sportelli a livello territoriale».

Cosa significa

Cosa si intende per malattia professionale? Si tratta di patologie che il lavoratore contrae per effetto del lavoro svolto. Esiste quindi una chiara correlazione tra l’attività lavorativa e la malattia diagnosticata.

Parlando di patologia e non di evento in sè, è ovvio che questa si sviluppa gradualmente nella persona, in modo lento e progressivo. Un esempio: la frattura di una gamba cadendo da un’impalcatura non è di per sè malattia professionale, ma infortunio sul lavoro. Questo perché, anche se direttamente legata all’attività lavorativa, accade all’improvviso e sul momento.

Una malattia professionale legata al lavoro potrebbe invece essere un tumore che colpisce un lavoratore che per anni lavora a contatto con amianto. Gli effetti legati all’accertata azione cancerogena dell’amianto sono rappresentati dal mesotelioma delle sierose, soprattutto pleurico, ma anche peritoneale, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo e dai tumori polmonare, della laringe e dell’ovaio.

L’elenco

Nelle 14 pagine della Gazzetta ufficiale in cui il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali aggiorna l’elenco delle malattie professionali, al gruppo 6 della lista 1 (ovvero quella che contiene malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità) sono elencati i tumori professionali. Sono alcune decine di malattie oncologiche correlabili al tipo di lavoro svolto. Tra quelli riconosciuti dall’Inail, i tumori da lavoro predominanti sono quelli della pleura e del peritoneo, che rappresentano circa la metà delle neoplasie professionali, seguiti da quelli dell’apparato respiratorio (più di un quarto) e del polmone. Si stima che sul totale delle nuove diagnosi effettuate in un anno - nel Bresciano sono circa ottomila - il 5% circa sia riconducibile a fattori occupazionali. Ancora, sul totale delle denunce effettuate per malattia professionale, il 10% riguarda i tumori. Dunque, nel 2023 i «tumori professionali» denunciati sono più di ottanta. Il sommerso, in tutte le patologie, è di gran lunga superiore.



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